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Javier Milei

Aggiornamento: 4 apr

IL BOIA DEL SOCIALISMO LATINO AMERICANO

A sinistra, "Javier Milei, il boia del socialismo Latino Americano".                                                                                                   A destra, photography by "Unknown" - 2016.
A sinistra, "Javier Milei, il boia del socialismo Latino Americano". A destra, photography by "Unknown" - 2016.

Capello pazzo, di origine incerta, basette ridicolmente fuori misura, classe 1970. Bocca sottile, affilata, carnagione chiara- quasi vampiresca- e abbigliamento rigorosamente nero: Javier, il presidente dagli occhi spiritati, dove l’azzurro lucente sembra sporcarsi di macchie bianche, schegge di agitazione: sospetti scintillanti di cocaina.


Non voglio proclamare verità scandalose- sarebbe una pretesa vana, un gioco futile.  Piuttosto, mi limito, con un pizzico di sana idiozia a non negarne la possibilità, a lasciare spazio a quel dubbio che si apre difronte allo sguardo invasato del presidente- o forse, mi permetto banalmente di inseguire il sano e vigoroso rischio della diffamazione: benzina ed elisir di tutti gli scrittori idioti come me.

Smarcato il superfluo, puntiamo all’essenziale. La vera droga del presidente è altrove: lotta incessante contro la casta, l’inflazione, la spesa pubblica, Il Socialismo. Una dipendenza che lo consuma e insieme lo definisce. Un’ assuefazione che mi spingerebbe a scrivere di misure politiche, previsioni e scenari macro e microeconomici. Ma, come spesso accade, l’essenziale annoia, mentre è il banale- o meglio il banale personalismo- a incendiare i nostri miseri cuori! Milei non dorme, o dorme poco.

Questo, però, lo sapete già. Passa le notti con Hayek tra le mani, studiando la Kabbalah e cercando connessioni tra i numeri e il destino. Qualcuno racconta che pratichi misteriosi rituali per parlare con i suoi cani defunti, come fossero oracoli.  Ama i Rolling Stones –sapevate anche questo, no? – e un tempo ne suonava i pezzi in una rock band. Si vanta di padroneggiare il sesso tantrico e di aver indossato, da giovane, la maglia del Chacarita Juniors, dove si guadagnò il soprannome che ancora gli appartiene: el Loco.

Il pazzo.

Il Pazzo.

Ogni mattina – ma, di nuovo, questo lo sapete già – si alza, armato di carisma, motosega e slogan da urlare a pieni polmoni. In piazza, nei talk show, sui social, domina la scena. È il salvatore che scuote un paese stremato, il taumaturgo che promette di curare un’Argentina da troppo tempo ferita. E ci credono, lo seguono, lo osannano. Perché no? È Milei, el Loco.

Chi altro potrebbe farlo? E poi? Cosa posso dirvi? Ah, certo, c'è il calcio. Ma no, quello l’ho già detto. Le sue politiche? Le misure economiche? Ma chi lo leggerebbe? Chi vuole ancora ascoltare quei discorsi vuoti? No, non è lì che sta il cuore del racconto. Meglio così: meglio darvi i dettagli che contano, quelli che diventano storie, quelli che amiamo ripetere fino a crederci. Milei, questo lo sapete già, frequentava una donna. Si chiama Amalia Yuyiyo Gonzales, ha quasi settant’anni. Con lei, si dice, praticasse il sesso tantrico. Un hobby personalissimo del presidente. Il sesso tantrico. Lui, Milei, lo pratica. E questo, lo sapete già. Nel 2022, dichiarava che il Papa fosse un imbecille. Lo chiamava anche "il rappresentante del Maligno sulla Terra". Sì, proprio così, maligno. Perché? Perché il Papa, diceva Milei, sostiene le tasse. Ha affinità con i comunisti assassini. Non rispetta i Dieci Comandamenti. E Milei? Milei è religioso. Religioso, sì. Ma la giustizia sociale che il Papa difende, quella no, quella non la tollera. È veleno. Giustizia sociale, veleno. È tutto chiaro.

Poi c’è il premier spagnolo. Anzi no, non proprio lui. La moglie del premier. Milei l’ha definita una corrotta. Una ladrona. Una ladrona! Le sue parole – le parole di Milei – hanno scatenato una crisi diplomatica. Una crisi inevitabile, come ogni volta. Ma Milei? Va avanti. Sempre avanti. Non si ferma. Perché lui è Milei. Milei, capite? Ma questo lo sapete già. Il sole sorge sulle case degli argentini.

A sinistra, "Buenos Aires Street Photography" by Paulius Musteikis                                                                          A destra, "Miley traidor" - MICROCENTRO, Ciudad Autonoma de Buenos Aires (2023) by "L'Idiot"
A sinistra, "Buenos Aires Street Photography" by Paulius Musteikis A destra, "Miley traidor" - MICROCENTRO, Ciudad Autonoma de Buenos Aires (2023) by "L'Idiot"

Oggi, Javier ha una nuova idea: giocare con la finanza, con la fiducia di chi lo segue. Il presidente promuove una criptovaluta, la chiama $LIBRA, la presenta come la salvezza dell’Argentina. E allora, comprate! Comprate, argentini, comprate! Lo dice lui, lo dice su X, e chi non gli crede è un traditore della patria, un nemico della libertà. Così, in poche ore, la moneta esplode. Cresce, sale, raggiunge il cielo. Ma poi, poi si sgonfia. Si squaglia come cera al sole. Giù, giù, giù. Una caduta libera. E mentre gli ignoti escono con le tasche gonfie, svariati investitori rimangono in mutande. Devastati. Ingannati. Fregati. Si parla di frode, di conflitto di interessi, di processo. Milei denunciato negli Stati Uniti. Possibile giudizio penale. Possibile impeachment. Si grida al tradimento. Si invoca la giustizia.

Lui, intanto, sorride. Si diverte. Perché no? Che altro, che altro! Sento già il tempo scivolare via, l’attenzione che sfuma. Rapido, rapido, amici miei! Rapido, cari amici! Mi serve uno scoop amici miei; ah, certo, Milei. Milei, a capo del partito La Libertad Avanza. Un anno fa ha stravinto le elezioni. Una notizia conosciuta, che ha fatto il giro del mondo. Ha vinto, sì. Stravinto. Ha promesso di dinamitare il Banco Centrale – si sa, si sa – stroncare l’inflazione, ripulire i conti dello Stato, riportare l’Argentina agli splendori economici degli anni ’20. E, infine, abolire la corruzione. La corruzione, abolita. Il Banco Centrale, dinamitato. La macroeconomia stabile. Tutto risolto. Milei vuole risolvere tutto. Ma questo è di dominio pubblico. Di pubblico dominio.

Ma c’è una cosa che forse non sapete.

Non è ancora il momento di dirvi che milioni di persone – poverine – muoiono di fame. No, non sono così pedante. Solo un po’ ripetitivo, ossessivo e banale. Come questa società mi vuole. Dicevo, c’è qualcosa che non sapete, qualcosa di incredibile, qualcosa di fantastico. Javier potrebbe, con un exploit economico, potrebbe nei prossimi mesi uccidere definitivamente il socialismo.

“Cosa! Come?”


-lo sconforto si diffonde. Nell’aula, nei caffè, nei cuori belligeranti di tutto il mondo. Javier è pronto a spazzare via ogni dubbio sul capitale. Scommette tutto sulla scuola austriaca – un cavallo pazzo che guarda solo avanti. Sugli scritti economici di Menger, von Wiser, von Mises e compagnia bella, e mira ad annegare una volta per tutte il socialismo Kirchnerista.

A un anno dalla vittoria di Milei, tra la casa Rosada, le infinite distese patagoniche, e dietro la figura hollywoodiana del presidente, si va delineando uno scenario, spesso macabro, ma affascinante per chiunque si interessi alla non scienza dell’economia. Una partita ideologica che apre quesiti e ipotesi diversissimi, e che trasforma l’Argentina nel più grande laboratorio di economia politica al mondo. Il più grande degli ultimi 50 anni, che tra gli slogan e le bandiere, rivela fenomeni di natura piscologica fondamentali per comprendere a fondo le nostre società. Ma procediamo con calma.Che cos’è il Kirchnerismo? Chi sono i Kirchneristi? Una corrente, un nome che cambia, ma che rimane sempre lo stesso. Frente Renovador, Unión por la Patria, Partido Justicialista, Frente para la Victoria. Ogni nuovo appellativo promette una rinascita, una parvenza di novità. Si definiscono progressisti, ma non possiamo pensarli, neanche per un secondo, come la classica forza di centro sinistra Europea.


Sono qualcosa di diverso, di più complesso. Hanno combattuto mille battaglie e indossato mille maschere. Nel bene e nel male, Il Kirchnerismo, non è mai stato semplice. E qualsiasi analisi sull’Argentina deve partire da questo presupposto. In primo luogo, e forse come tratto più distintivo dalle sinistre europee, i K- così vengono chiamati- si oppongono ad alcuni principi fondanti del libero mercato, adottando una regolamentazione centralizzata su ampie porzioni dell’economia. Controlli sui prezzi dei beni essenziali, il più delle volte fallimentari; nazionalizzazione dei settori strategici come i centri petroliferi e le pensioni; programmi sociali di amplissima portata, dove massicci sussidi- spesso di tipo assistenzialista- vengono scambiati con voti politici; tariffe protezionistiche che limitano il commercio in nome di un’industria nazionale mai realmente nata- Apple, Amazon, e molte multinazionali non sono mai sbarcate in Argentina- come tentativo di spezzare la dipendenza dalle economie “educate” dell’Occidente: strategia che troppo spesso lascia spazio a nuovi ( o vecchi) padroni: cartelli oligarchici di imprese locali che trovano nella regolamentazione il terreno per consolidare il loro dominio con prezzi troppo alti per il paese; visione politica e strumentale dei sindacati, elogiati come strumenti di lotta di classe e giustizia sociale. Il movimento sindacale argentino è il più grande e influente dell'America Latina, con oltre 3.000 sindacati e una straordinaria capacità di mobilitare le piazze e incidere sulle dinamiche sociali. Spesso quest’ultimi diventano uno strumento del potere per la cooptazione politica e la gestione del consenso. Non sorprende che un sondaggio del 2018, condotto da Taquion e Trespuntozero, abbia rivelato che i sindacati siano percepiti come l’istituzione più corrotta della democrazia argentina. Insomma, se il Kirchnerismo non può essere definito puramente socialista, i suoi presupposti ideologici evidenziano una affinità con molti dei principi fondanti di questa ideologia. Eppure, come spesso accade nei sistemi di questa natura, anche in Argentina si è sviluppata una contingenza che supera ogni costruzione ideologica: una corruzione endemica.

    A sinistra, photography by "Unknown" - 2023                                                                                                     A destra, "Javier Milei, il boia del socialismo Latino Americano".
A sinistra, photography by "Unknown" - 2023 A destra, "Javier Milei, il boia del socialismo Latino Americano".

Uno Stato che si proclama difensore dei deboli, ma che si rivela un predatore spietato che ruba dalle tasche di tutti, soprattutto di coloro che aveva promesso di proteggere.Si potrebbero dire molte cose su Milei, ma nessuna sarebbe più rivelatrice che riconoscere come la famiglia Kirchner — prima Néstor, poi Cristina, al potere per oltre vent’anni —rappresentino la tesi di cui Milei è l’antitesi perfetta. Sono il contrappunto necessario, la luce che definisce l’ombra. In ogni contesto, il rapporto tra le parti insegna più di qualsiasi parola pronunciata dai protagonisti. E in Argentina, questo è più vero che mai. Non serve stabilire se i K siano realmente socialisti o colpevoli di tutto ciò di cui vengono accusati, ma riconoscere che Milei su questo ha costruito il suo accattivante racconto. Certo è che le condanne per amministrazione fraudolenta, i ripetuti scandali di corruzione, fino alle accuse — mai provate — di un coinvolgimento di Cristina nell’omicidio di un pubblico ministero, morto all’alba di dichiarazioni che avrebbero compromesso il governo, non aiutano la causa Kirchnerista.


È una storia già sentita: quella dell’outsider, dalla comunicazione populista, del nuovo contro il vecchio. Della stanchezza che ti consuma, la reazione della psiche umana che, di fronte all'immensità del mare di merda che la sommerge, spera che tutto esploda. Qui, però, lo scontro appare assoluto. Libertà collettiva contro libertà individuale. Populismo antiamericano contro americanismo populista. Capitalisti contro anticapitalisti. Sostenitori dei diritti civili contro conservatori. Un duello ideologico che non lascia spazi intermedi, che si consuma ora, a febbraio 2025, con una grande posta in gioco: la ripresa economica di un paese.

Milei vince e non tradisce. Eredita un paese allo stremo con il 40% della popolazione sotto la soglia di povertà, più del 9% sotto quella dell’indigenza; un’inflazione, stimolata dalle politiche assistenzialiste, che nel 2023 tocca picchi mensili del 14%; una moneta che non smette di deprezzarsi, e un sistema al bordo del collasso.

A sinistra, A luglio 2023, un dollaro vale 1500 pesos. La moneta è in caduta libera ; Photography by L'Idiot                                                                                                                                                                                           A destra, Milei (2023)
A sinistra, A luglio 2023, un dollaro vale 1500 pesos. La moneta è in caduta libera ; Photography by L'Idiot A destra, Milei (2023)

Il nuovo presidente fa in gran parte ciò che aveva promesso: austerità, liberalizzazioni, e motosega; bacetti al Fondo Monetario Internazionale, con cui il paese vanta storicamente un rapporto controverso; occhiolini alle agenzie di rating, e strette di mano con le destre di tutto il mondo. Protocollo ultraliberista: da manuale. 

L’aumento annuale dei prezzi, che toccava i 292% ad aprile del 2023, oggi si stabilizza a poco oltre il 30%, con un valore mensile ad ottobre del 2024 di 2.7%. I mercati respirano, le imprese si muovono, il peso ritrova una parvenza di equilibrio contro il dollaro. Non si tratta solo di numeri: è la percezione che cambia, l’incertezza che si ritrae tra le case degli argentini.Come?  Anche qui, nulla di Loco, prassi universitaria, riduzione massiccia dell’influsso monetario.

Tagli alla spesa pubblica: una drastica revisione delle spese statali che calano nei primi 11 mesi del 2024 del 28%, superando persino le aspettative del FMI, che auspicava una diminuzione del 18%. La motosega gode della sua potenza: 

  • Gli investimenti pubblici sono quelli ridotti maggiormente, pesando per il 24% sul totale dei risparmi.

  • Le pensioni, un altro 22%: colpo deciso al welfare.

  • Assistenza sociale, sussidi e salari pubblici, che insieme toccano quasi il 40%, ridotti al minimo indispensabile per non generare rivolte popolari.


La carneficina non si ferma qui. Nove ministeri sono stati declassati a segretariati: tra loro, ambiente, istruzione e cultura. Tre pilastri del futuro. I licenziamenti nel settore pubblico hanno portato a un taglio del 22% delle spese operative, mentre l’Agenzia delle Entrate è stata cancellata, rimpiazzata da un nuovo organismo, più snello, meno costoso, più docile alla logica del mercato.La libertà avanza e le liberalizzazioni sono state il pilastro su cui si è costruito il progetto economico del governo: i controlli sui prezzi di beni e servizi, gli affitti ai carburanti, i farmaci alle assicurazioni sanitarie, sono stati eliminati. La normativa che garantiva la disponibilità di beni essenziali è stata abrogata, così come le clausole che obbligavano a privilegiare imprese locali nei contratti pubblici e nei supermercati; sono stati inseriti incentivi fiscali mirati a favorire investimenti superiori a 200 milioni di dollari in settori considerati strategici e i contratti di lavoro sono oggi più flessibili con minori costi di licenziamento.

Foto di Milei

Ma quale è il prezzo da pagare ? Il PIL reale è sceso nel 2024, come previsto dallo stesso Milei, di un 3,5%. E di conseguenza, seguendo un copione ben noto, la disoccupazione è aumentata: dal 5,5% del 2023 al 7,6% del secondo trimestre del 2025. Ma non è questo il dato che grida più forte. Nel primo semestre del 2024 il tasso di povertà è salito di 11 punti percentuali, passando dal 41,7% al 52,9%, il livello più alto degli ultimi vent’anni. Parallelamente, l’indigenza ha raggiunto il 18,1% nel primo semestre del 2024, crescendo di 6,2 punti rispetto al periodo precedente. La disuguaglianza, in un paese già lacerato dalle sue divisioni, ha trovato nuovo slancio. Nel primo trimestre del 2024, l’indice di Gini-misura della disuguaglianza nella distribuzione del reddito- è aumentato di 3 punti, segnando un trionfo amaro delle differenze sociali.

La stabilità economica, il sogno rincorso dagli argentini per decenni, si presenta con un costo altissimo. Ma Javier lo aveva detto, lo aveva avvertito. Lo sapevamo tutti.Ripetiamolo, nel caso fosse sfuggito. Il 18%, Il 18%, Il 18%, Il 18%.Più di 7 Milioni di persone. E oltre 20 che sono “solo” povere. Questo è il cuore del dramma argentino. Questo è il prezzo. Milei sogna di aver creato le condizioni per attirare investimenti capaci di trasformare il paese, di spezzare la catene che tengono l’Argentina prigioniera della sua storia.


L’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico prevede per il 2025 una crescita del 3,6%. Nel frattempo, l’Università Argentina Torcuato di Tella, in attesa dei dati ufficiali, stima che il tasso di povertà per il semestre luglio-dicembre 2024 sia sceso al 36,8%. Dati da confermare, certo. Ma dati che portano con sé il destino di un’intera nazione. Si gioca tutto qui: la sopravvivenza del “socialismo” Kirchnerista o il trionfo dell’anarco-capitalismo. Milei potrà davvero proclamarsi il boia del socialismo latinoamericano? Sarà il tempo, come sempre, a pronunciare l’ultima parola.


Ma chi se ne frega? A noi piace parlare delle sue basette di merda. Ci diverte, ci entusiasma, e Milei lo sa, ne gode. Nel frattempo, accelera. Questa è la sua vera grandezza: Milei, in un modo grottesco e inquietante, incarna l’essenza stessa di un’accelerazione infinita. La mimesi perfetta di un capitalismo finanziario che non conosce pause, né vuoti. Solo velocità, profitto, superamento. I corpi sono un ostacolo, le riflessioni perdita di denaro. Si va avanti. Ad ogni misura economica ne segue una ancora più estrema, ad ogni provocazione uno scoop ancora più grandioso. Milei non è un presidente: è un algoritmo che riempie il vuoto che non vogliamo contemplare. Oggi insulta il primo ministro colombiano, domani si traveste da supereroe e presenta il suo programma. E nel mentre, annuncia la riforma fiscale: il numero di tasse sarà ridotto da 167 a meno di 20, con l’obiettivo dichiarato di eliminare il 90% delle imposte nazionali entro il 2025. Un sistema tributario semplice, leggero, libero e devastante. E poi? Subito una nuova missione, una nuova accelerata. Milton Friedman sosteneva che per riformare un paese economicamente bastassero 6 mesi di shock continui ed accelerati, ma per Javier 6, 12, 100 mesi sono insufficienti. Non intende fermarsi, non può permetterselo.


Milei corre e nel suo muoversi ci paralizza, ci consuma: diventa ciò di cui abbiamo bisogno. El Loco rappresenta il feticcio consumistico per eccellenza, e sta compiendo un miracolo comunicativo senza precedenti: l’inversione di un paradigma folle, in cui è lui, sostenitore di tutti i centri di potere internazionale, il vero rivoluzionario, l’eroe capitalista. I sondaggi lo confermano: a un anno dalla sua candidatura il consenso intorno a Milei si aggira intorno al 65%, contro il 55% con cui era stato eletto nel 2024. Resta da vedere se lo scandalo cripto incrinerà questa traiettoria, se la tempesta finanziaria in cui si è gettato lascerà segni profondi. Ma per ora, i numeri parlano chiaro: la sua ascesa continua. È come se quei corpi dilaniati e lasciati indietro, quelli per cui i sussidi facevano la differenza, nel momento stesso del loro sanguinamento riuscissero a intravedere una grandezza imminente; un dissanguamento che profuma di promessa; un dissanguamento che prima era solo il ricordo di una miseria immobile.


Milei non mi piace. Inorridisco di fronte alle sue posizioni etiche, al suo negazionismo subdolo sui mali mai guariti della dittatura argentina. Non riesco a capire quel culto del mercato che divora ogni cosa, persino la dignità umana. Forse, Milei potrei anche detestarlo. Eppure, un miracolo, per ora, l’ha compiuto. Non è un miracolo economico — l’economia è una tragedia, e lo rimarrà finché qualcuno ridarà dignità a quei sette milioni di indigenti, a quel maledetto 18%. No, il miracolo di Milei è altrove. È quello di aver ridato speranza, di aver acceso una luce in più della metà della popolazione. Perché l’uomo può sopportare tutto. Può convivere nella miseria, con il dolore. Ma non con l’assenza di un sogno. Di un domani che contenga la possibilità del diverso, del migliore.


Tutti i fenomeni di rivalsa politica che attraversano il nostro tempo, con le loro molteplici sfumature ideologiche, rivelano qualcosa di più profondo delle semplici apparenze materiali. In Argentina, tra i casi più complessi, si comprende come gli effetti psicologici e culturali si intreccino e spesso sovrastino quelli di natura economica. I racconti che siamo capaci di generare, se privi di una prospettiva evolutiva e dinamica, ci appaiono insopportabili. Ad oggi, appare evidente come molte forze politiche di sinistra abbiano smarrito l’abilità di concepire una visione dinamica e differenziale del futuro.


Mariana ha cinquant’anni, vive nella provincia di Buenos Aires, nel quartiere La Mascota, una delle tante periferie della classe proletaria argentina. Strade di fango, tetti bassi, un monolocale che è tutto: cucina, bagno, camera da letto. Lo condivide con altre tre persone. Mariana mi guarda, con occhi stanchi e rassegnati, ma pieni di qualcosa che assomiglia ad una forza.


Alla mia domanda su Milei,  fa sorriso amaro e risponde: "Prima, con quel cornuto di Fernández — il delfino dei K — venivano a chiederci i voti, capisci? Ci promettevano i televisori, i frigoriferi. Oggi non viene più nessuno. Per ora, con quello che guadagniamo, il frigo lo riempio. Prima no. Prima dipendevo da loro. Stiamo soffrendo, ma almeno nessuno ruba. Nessuno, capisci? Nessuno ci prende più in giro. Forse ce la faremo da soli. Gli occhi le brillano, ma di una luce più aggressiva, simile a qualcosa di già visto. Mi sorge il dubbio: e se fossero tutti eccitati da una distribuzione massiccia di sostanze stupefacenti? Poi mi guarda e con rabbia ed orgoglio dice:

VIVA LA LIBERTAD CARAJO!


Foto Milei

Javier Milei. Il boia del socialismo latino-americano.

1 Comment


aisha o.
aisha o.
Feb 28

la speranza è un’arma a doppio taglio, e in Argentina sta diventando il pasto perfetto per chi la usa per divorare il paese. Milei si presenta come l’uomo contro il sistema, ma è solo l’ennesimo volto di un’élite politica che ha imparato a vendere il caos come soluzione.

intanto, la classe media scompare. un tempo colonna portante della società, oggi è schiacciata dall’inflazione e da un’economia in macerie. eppure, è proprio questa classe a nutrire il mostro, aggrappandosi a chi non ha alcun interesse a salvarla.


tagliare tutto senza costruire nulla non è una politica, è un suicidio collettivo. Milei promette di spazzare via lo Stato, ma senza Stato chi resterà a proteggere chi scivola verso il basso, e a far…

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