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La piccola coscienza popolare

La piccola coscienza popolare

Dio è morto e noi siamo tutti orfani in cerca di una casa. Lo ripeto a me stesso ogni giorno mentre rovisto tra la merda. Mi perdoni il benpensante con un bacio in fronte, ma di merda si tratta. Non perché io voglia mettere alla mercé del lettore uno spiccato sentimento nichilista, quanto per spedire i concetti nella maniera più pratica possibile. Dio muore ogni giorno sotterrato dalla merda del mondo che circonda un ragazzo prossimo al quarto di secolo. Me l’ha spiegato un amico: ci stiamo rendendo conto che non siamo più i privilegiati della storia. Stiamo familiarizzando con un concetto molto semplice: non viviamo il paradiso terrestre che ci avevano promesso a colpi di nuovi modelli di iPhone, non è un’epoca meno difficile di quelle a cui abbiamo sempre guardato con una certa spocchia e superiorità ingiustificate. Ci arriviamo impreparati alla grande delusione. Non è l’El Dorado quello a cui stiamo andando incontro e il nostro sistema valoriale non è abbastanza solido da poterci rassicurare. Ecco perché Dio continua a morire ogni giorno, perché noi in vita non sappiamo tenercelo. Eravamo impegnati a vivere il sogno. Ora è il momento di sputarsi addosso la verità, urlarsela a vicenda: siamo stati troppo distratti dal contesto di gommapiuma per formare ideali abbastanza forti da poter affrontare senza conseguenze la grande delusione più vicina che mai. Crediamo in nulla e crediamo in tutto, oggi facciamo nostre idee in cui domani smetteremo di riporre fiducia. Ci interessa tutto e ci interessa niente, perché così dev’essere e guai il contrario. Fino a questo momento è andata anche meglio di quello che ci aspettavamo, poi il buio. Il mondo attorno a noi ci ha illuso per troppo tempo, ora ci schiaffeggia: abbiamo creduto in un sistema sull’orlo del precipizio. I meccanismi sono pieni di crepe e il collasso non è mai stato così vicino a noi. Solo adesso ci accorgiamo che forse avremmo dovuto coltivare qualcosa in più del nostro orticello fatto di serate tech house e caroselli in cui piazzare la foto di un vecchio al mare tra quelle del culo per tenere sotto controllo i livelli di alternative pop. Tutto è perduto penserà l’amico lettore, ma così non è.


Perché, immagini di un marrone stratificato a parte, la storia dà sempre una seconda opportunità. La nostra è arrivata tardi, ma è arrivata. Ed è un’opportunità travestita, di quelle che non riconosci subito. Non si tratta di un richiamo alle armi, non ancora, forse. Bensì il principio di una presa di coscienza che costerà più di qualche trauma. Ci è piaciuto il tepore della tranquilla notte del “consuma, tanto al mondo ci penserà qualcun altro”, non avevamo messo in conto il dover aprire gli occhi e affrontare l’alba di un nuovo sentimento popolare. Non pensavamo di dover tornare a pensare, ma così dev’essere.


La piccola coscienza popolare

Dalle generazioni precedenti abbiamo preso in prestito l’unico salvagente a nostra disposizione, l’unica vera occasione di redenzione: il riunirsi in gruppi di interesse, qualsiasi essi siano. Si sono trasformate le modalità, ma è rimasta la condivisione. Dall’arte alla musica, passando per il cinema o la letteratura. Dall’associazionismo studentesco alle community social di varia natura. Di qualsiasi ambito parliamo, abbiamo, grazia nostra, continuato a riunirci attorno a tanti piccoli fuochi che continuano a bruciare.

Tenui o ardenti che siano, bruciano. E vanno sfruttati per un nuovo grande obiettivo. Il risorgimento della mia generazione è tutto qui. La mobilitazione generale contro il genocidio a Gaza è l’esempio calzante, il manifesto a supporto di questa riflessione generazionale. Ci siamo accorti che ci sono delle cause ben più grandi dell’aiuola sotto i nostri piedi a muovere la coscienza di ognuno, a convertire qualsiasi micro realtà in cui ci siamo riuniti in un’unico grande vento. In pochi sono rimasti a guardare. La restante parte, per quanto lo sterile dibattito ideologico resti un ostacolo importante, si è mobilitata. È il momento in cui dobbiamo prendere consapevolezza di una nuova nascita. Che sia spirito di emulazione o meno, l’importante è che ci sia un fine comune, un unico grande faro.


Il seme della nuova, piccola coscienza popolare è stato piantato. Non stiamo parlando di un processo a rischio zero, tantomeno di facile realizzazione. Generazioni che hanno davvero cambiato la storia prima di noi hanno dovuto pagare un prezzo molto più caro di quanto noi potremmo mai immaginare. C’è chi ha pagato con il sangue, chi ha dedicato la propria vita a cambiare le cose. Il nostro momento è ora, altrimenti il baratro. Non abbiamo più alternative. Siamo in una nuova fase delle nostra vita da animali sociali. Abbiamo donato tutto il nostro io al sistema sperando di ottenere in cambio il meglio, ci è stato restituito il peggio. Pensavamo che qualcuno al posto nostro, prima o poi, avrebbe pensato al mondo. Non sapevamo che sarebbe toccato a noi per forza di cose e ora la chiave è una e una soltanto. Riconvertire tutti i gruppi di interesse che abbiamo creato fino ad ora pensando di star coltivando hobby o passioni marginali alla realtà. Riconvertirli in tanti piccoli movimenti giovanili con una propria coscienza ideologica, con un unico grande fine ultimo: rimpossessarsi della collettività. Unire tutti i piccoli fuochi in un unico grande incendio. A discapito di chi il collasso lo vorrebbe eccome, perché dove c’è crisi, sociale o economica che sia, c’è speculazione. Tante piccole folate, così li avevo descritti i miei coetanei in qualche riga precedente a queste.


Ora il mio è un appello: le folate diventino una sola tempesta, si alzi la bufera, si alzi più forte che mai. Soltanto così potremo sopravvivere a un periodo storico di decadenza del pensiero. In cui l’ideale e il valore sono soltanto rami spogli in cerca di nuova linfa vitale. Dio è morto al tempo di Nietzsche, poi al tempo del giovane Guccini e continuerà a farlo per tanto tempo ancora. Noi possiamo salvarci da tutto questo. Soltanto soffiando forte, insieme, come mai avremmo pensato di dover fare prima che il mondo che conoscevamo ci mandasse a fanculo.


La piccola coscienza popolare

1 commento


È difficile scrivere di piu, in questa analisi e presa di coscienza, ma è proprio in essa la chiave per spalare la merda travestita di profumo.

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