L'ombra di Rothbard dietro Milei
- Margherita
- 15 lug
- Tempo di lettura: 8 min
Aggiornamento: 3 ago

Anatomia di un anarco-capitalismo reazionario
L'ombra di Rothbard dietro Milei
Il presidente Argentino Milei ama ripetere che, nel 2013, fu folgorato dalla lettura di Monopolio e Concorrenza, un articolo (così lo definisce Milei) del filosofo libertario Murray Rothbard, che lo avrebbe convertito alla Scuola Austriaca trasformandolo – da economista mainstream - in alfiere dell’anarco capitalismo.
Come recita il celebre incipit di Oran Pamuk: “un giorno lessi un libro e tutta la mia vita cambiò”.
Un mito fondativo:
Milei, Rothbard e la costruzione dell’icona
Ora, a parte il fatto che Monopolio e Concorrenza non è un articolo, ma il decimo capitolo del volume Man, Economy, and State pubblicato da Rothbard nel 1962, l’affermazione di Milei è in parte frutto del desiderio di costruire e alimentare il proprio mito – comprensibile, del resto, vista la personalità patologicamente egocentrica e narcisista del soggetto - e in parte corrisponde a verità pur con qualche doverosa puntualizzazione.
In un minestrone raffazzonato di riferimenti teorici e citazioni, i media tendono ad associare il Milei-pensiero a Hayek e Mises, esponenti della Scuola Austriaca e sostenitori dello Stato minimo o – se possibile – dell’assenza stessa dello Stato.
L’equivoco è alimentato dallo stesso Presidente che rivendica con orgoglio: “sono il primo a seguire le idee di Hayek” e che, nel suo discorso pubblico, richiama spesso La via della schiavitù, titolo del più noto testo hayekiano, pubblicato nel 1944.
Il sospetto è che Milei citi i due guru della Scuola Austriaca non solo perché ci crede ma, soprattutto, per una questione di “rispettabilità”. Hayek e Mises rappresentano il suo biglietto da visita liberale: sono i riferimenti che lo legittimano presso gli ambienti conservatori classici, figure riconosciute e decisamente meno controverse - e inquietanti - del suo vero maestro, quel Murray Robthard che - nei suoi ultimi anni – ruppe con il libertarianismo classico (accusato di derive liberal-progressiste), abbracciò il paleolibertarianismo, si allineò con la destra radicale, nazionalista, conservatrice e incoraggiò l’uso di un linguaggio populista, violento e reazionario.
Buona parte delle frasi shock di Milei - quelle che indignano, fanno notizia e lo trasformano in un fenomeno da prima pagina- non sono farina del suo sacco. Sono piuttosto ricalchi volgari, semplificati e urlati di affermazioni e idee già formulate decenni fa da Murray Rothbard: un pensatore che, piaccia o non piaccia, possedeva rigore accademico e una solida architettura teorica.
Tre concetti chiave
Stato, giustizia sociale e tasse
Vogliamo verificare?
Partiamo dall’ ABC: stato, giustizia sociale e tasse.
LO STATO
Dice Rothbard:
Lo Stato è nient’altro che una banda di ladri che ha ottenuto successo. (The ethics of Liberty, 1982, cap. 22)
A differenza dei ladri comuni, lo Stato non ammette la concorrenza. […] La mafia ha una concorrenza. Lo Stato no. (For a new liberty, 1973, cap. 3)
Ripete Milei:
Il mio disprezzo per lo Stato è infinito. (The Economist, 2024)
Lo Stato è una organizzazione criminale. (discorso al Madrid Economic Forum, 2024)
Fra la mafia e lo Stato preferisco la mafia perché la mafia ha valori, rispetta le promesse e, soprattutto accetta la concorrenza. (TVN, 2023)
LA GIUSTIZIA SOCIALE
Scrive Rothbard:
La cosiddetta ‘giustizia sociale’ è semplicemente la confisca coercitiva della proprietà privata di alcuni per il vantaggio di altri. (The Ethics of Liberty, cap. 29)
La beneficenza autentica nasce dal cuore dell’individuo, non da una pistola puntata alla tempia in nome della redistribuzione. (For a New Liberty, cap. 9)
Chiosa Milei:
La giustizia sociale è un metodo brutale e violento, […], è un furto, […] una aberrazione dal punto di vista morale e, naturalmente, produce pessimi risultati. (discorso al BID, 2025).
La carità non si fa puntando un’arma, Deve nascere spontaneamente, non con la violenza. (discorso al BID, 2025).
LE TASSE
Sostiene Robthard:
Le tasse sono un puro e semplice furto. (For a New Liberty, cap. 3)
La tassazione punisce il successo e il risparmio, e premia la dipendenza e la pigrizia. (Power and market, 1970, cap. 6)
(...) ciò che stiamo dicendo è che queste azioni [disobbedienza civile, mancato pagamento delle tasse, mentire allo Stato o derubarlo] sono giuste e moralmente lecite.
Fa eco Milei:
Le tasse sono un furto. (Quarta repubblica, 2024).
Coloro i quali sono riusciti ad evadere le tasse sono geni. (A24, maggio 2025).

Libertà negativa e mercato assoluto
Il quadro è ormai nitido. Milei rincorre Rothbard e ce lo riscodella quasi alla lettera. Entrambi restituiscono un’immagine dello Stato come entità predatoria e moralmente corrotta, fondata sulla coercizione fiscale e sull’espropriazione della proprietà privata. La giustizia sociale diventa, ai loro occhi, mistificazione violenta, il paravento ideologico di redistribuzioni forzate che puniscono il merito e premiano l’assistenzialismo. Il fisco è dipinto come uno strumento di oppressione illegittimo e l’evasione fiscale non viene stigmatizzata in quanto crimine, ma esaltata come atto di eroica resistenza.
Potremmo andare avanti all’infinito, passando in rassegna ogni punto dell’agenda di Milei per ritrovarlo, senza eccezione, già scritto nero su bianco nei testi di Rothbard. Scuola, sanità, giustizia, esercito, servizi pubblici: tutto dev’essere consegnato alle logiche del libero mercato. Ogni funzione in mano a soggetti privati che stipulano accordi con individui-consumatori: offrono servizi, incassano compensi. Le leggi sostituite da contratti. E per chi li infrange, giustizia privatizzata e vendetta retributiva: una “giustizia” in cui non c’è spazio né per la prevenzione, né tantomeno per la rieducazione. Il colpevole deve pagare, subito, e in modo proporzionale al danno causato. Ma la proporzione, nell’ottica anarco-capitalista, è solo economica: se rubi, restituisci e risarcisci; se uccidi, potresti essere ucciso a tua volta – oppure cavartela pagando, se così decide la famiglia della vittima; se stupri, rimborsi la “valenza di mercato” di una sessualità violata… o finisci castrato.
Libertà, mercato, iniziativa individuale, e ancora libertà.
Abbiamo ascoltato Milei esprimersi a favore della compravendita di organi umani, dichiarando che si tratta di “un mercato come un altro” e che “la regolazione dello Stato è il vero problema”. A tutti – o quasi – è parsa una oscena aberrazione, ma a ben vedere, non è altro che un modo per portare alle estreme conseguenze il concetto di libertà individuale. Una forma radicale di coerenza teorica, rigorosa fino all’ultimo rene.
Se il corpo è proprietà dell’individuo, allora nulla osta – secondo questa logica – alla sua alienazione volontaria, in tutto o in parte. E poco importa se a vendere un rene è un disperato, un affamato, un indebitato fino al collo: la scelta resta “libera”, quindi legittima. Non c’è coercizione? Allora non c’è problema.
Questo è il cuore del pensiero anarco-capitalista: libertà negativa assoluta, senza spazio per vincoli morali, tutele collettive o remore etiche.
Lo scriveva già Rothbard in The Ethics of Liberty: “ogni uomo ha un diritto assoluto al controllo e alla proprietà del proprio corpo […]. Ha anche il diritto di cedere tale proprietà tangibile […] e di scambiarla con proprietà analogamente acquisite da altri.”
Un principio estendibile a tutto: lavoro minorile, droghe, armi, pornografia estrema, sanità, scuola. Nessun intervento statale, nessuna protezione, nessun argine. Solo domanda, offerta e accordo tra privati. Se qualcuno non ci sta, è libero di non partecipare. Punto.
Viva la libertà, carajo! — per dirla con Milei. Ma soprattutto, viva la libertà negativa, che significa libertà da divieti, imposizioni e interferenze. Un concetto per nulla nuovo nella tradizione liberale, che da Locke arriva a Nozick, passando per Berlin, Hayek e Mises.
Un concetto che sottintende: ti vuoi drogare? Vuoi bere fino a morirne? Vuoi vivere facendo la pornostar? Guidare a fari spenti nella notte? Non ti va di mettere la cintura o il casco? Vuoi mangiare topi crudi, essere un suprematista bianco, farti un arsenale in casa, rifiutare un vaccino, urlare “negro di merda”, licenziare qualcuno perché è omosessuale o pagare una donna la metà di un uomo?
Accomodati. Nessuno può impedirlo, finché è una tua libera scelta.
Se la libertà esiste solo nella sua accezione negativa, allora qualsiasi azione positiva – statale o privata – volta a correggere squilibri o proteggere i più vulnerabili diventa un abuso, un’interferenza intollerabile. Ogni politica attiva si trasforma in sopruso.
Rothbard ce lo spiega senza mezzi termini: i diritti di un gruppo non esistono; esistono solo i diritti individuali. E aggiunge: il diritto a discriminare è – in sostanza – il diritto di scegliere. Ed è proprio questo il fondamento del libero scambio (For a New Liberty).
La tolleranza e l’inclusione, in questa logica, non si impongono: anche l’intolleranza, se scelta liberamente, diventa una forma legittima di libertà.
Milei lo sa, lo condivide, e agisce di conseguenza. Con parole e atti concreti, sta demolendo ogni politica redistributiva o protettiva, sventolando la bandiera della lotta all’ideologia woke. Ha soppresso il Ministero delle Donne, dei Generi e della Diversità, mettendone in vendita la sede; sta smantellando i servizi contro la violenza di genere, con tagli drastici e chiusure di intere strutture; ha proposto l’eliminazione del reato di femminicidio, in nome dell’“eguaglianza”; ha ingaggiato una guerra culturale contro i movimenti LGBTQ+, vietando anche l’uso del linguaggio inclusivo nei documenti pubblici; ha ridotto di circa il 40% le pensioni per persone disabili, mettendo a rischio il sostegno per circa 200.000 beneficiari.
Non risparmia gli attacchi mediatici e utilizza cinicamente il pretesto della lotta agli sprechi e allo strapotere del pensiero woke per fare tabula rasa di qualunque forma di compassione istituzionale.

Populismo libertario e agenda reazionaria: l’ultimo Rothbard, il vero Milei
Ma anche ammesso che libertà e mercato giustifichino tutto – o quasi tutto –, come si concilia questo assolutismo libertario con la repressione, i divieti, il moralismo, la guerra al dissenso? Come si può, con la stessa coerenza teorica, difendere la compravendita di organi umani e contemporaneamente voler vietare l’aborto?
A chiarire l’apparente contraddizione è ancora Rothbard. Ma non il Rothbard teorico dell’azione individuale e del libero mercato assoluto: l’ultimo Rothbard, quello che abbandona una parte dei suoi princìpi originari per abbracciare l’oscurantismo della destra radicale. Nel 1992 pubblica Right-Wing Populism: A Strategy for the Paleo Movement, un vero e proprio manifesto per l’alleanza tra libertari estremi e populisti reazionari.
Il messaggio è chiaro: puoi fare ciò che vuoi, finché non aggredisci la persona o la proprietà altrui. Ma questo non implica che ogni scelta sia moralmente accettabile. In una società senza Stato, saranno le comunità private – fondate su valori condivisi – a decidere cosa è ammissibile e cosa no. Chi si discosta sarà escluso, espulso, messo ai margini. La coesione morale sarà il solo cemento possibile in un sistema senza autorità pubblica. La diversità, se non allineata, diventa una minaccia da eliminare.
Per questo – sostiene Rothbard – serve una saldatura tra libertari radicali e populisti di destra: è l’unica alleanza capace di abbattere le élite stataliste e tecnocratiche. L’approccio gradualista di Hayek – educare l’élite – è inutile: troppo lento, troppo ingenuo. Le élite vanno attaccate frontalmente, con il sostegno delle masse. Via i media, via gli intellettuali prezzolati, via le caste burocratiche. Avanti con il popolo.
E così prende forma il programma in otto punti che Rothbard disegna e che Milei fa suo, dando voce – con toni nuovi e incendiari – a un’agenda che titilla gli appetiti di tutte le nuove destre dell’Occidente.
Le tasse? Via l’imposta sul reddito, via l’IVA, via le tasse sulla proprietà e sul business.
Addio welfare state. Se non riusciamo ad abolirlo, smontiamolo pezzo per pezzo.
Stop ai i privilegi razziali e di gruppo. Aboliamo quote e politiche attive: sono una violazione dei diritti di proprietà, radicate in una cultura dei diritti civili che ha travalicato ogni limite.
Riprendiamoci le strade 1. Tolleranza zero con i criminali. Quelli veri: rapinatori, stupratori, assassini, non certo i colletti bianchi. Che la polizia sia libera di agire e punire. Se sbaglia, paghi, ma agisca.
Riprendiamoci le strade 2. Via barboni e vagabondi. Ancora la polizia in prima linea: sgomberi, pulizia ordine. Dove finiranno? A chi importa? Con un po’ di fortuna spariranno o passeranno dalla categoria dei parassiti a quella dei lavoratori.
Fine delle Banche centrali. Stampano i soldi per fregarti, basta inflazione legalizzata! Sono un cartello criminale che distrugge il risparmio della classe media e arricchisce i banchieri gangster.
Prima la Nazione! Basta aiuti internazionali e programmi di cooperazione, basta globalismo. Ognuno si risolva i problemi a casa propria.
Famiglia, comunità, ordine. Fuori lo stato dalle nostre case. Niente più scuola pubblica: educazione privata gestita localmente, libera dal controllo statale.
Si scrive Robthard, ma si legge Milei. Siamo tutti d’accordo?
Ora resta solo da vedere se l’incubo anarco-capitalista prenderà definitivamente corpo. E, se accadrà, quali e quanti danni – e quanto irreversibili - produrrà nella società argentina.
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