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NESSUNA GENERAZIONE È NUOVA


NO GENERATION IS NEW


di Michele Lem Yakouba



Le grandi cose non vengono realizzate da coloro che cedono alle

tendenze, alle mode passeggere e all'opinione popolare.

Jack Kerouac



Sono figlio della mia generazione, di quelli nati senza arte nei grigi anni Ottanta, in quel crepuscolo provinciale che odorava di fumo di sigarette economiche e promesse svanite.

Una generazione la mia che non ha conosciuto né guerre, né barricate, né il fragore delle rivoluzioni che scuotevano i libri di storia. Una generazione nata male, in quiete ma già rassegnata, sotto il peso di un’eredità che non abbiamo scelto, impaurita da una classe politica sull’orlo del baratro, da chi ha vissuto anni di piombo, di bombe in piazza, di stragi con i volti tesi dei nostri genitori che parlavano a bassa voce, come se il passato potesse ancora esplodere tra le mura di casa.

Troppo legati a quel passato che incombeva come un macigno e pesava su un futuro che non ci facevano scorgere, crescevamo in paesi dalle strade strette, tra i muri scrostati delle scuole elementari e le televisioni che trasmettevano il crollo di un mondo lontano, il futuro che si apriva altrove. Ma da noi il futuro non arrivava. Era un’idea soffocata da maestri che insegnavano ancora con i gessi scheggiati degli anni Sessanta, da padri che sognavano il posto fisso come unica redenzione, da madri che ci cucivano addosso i loro stessi timori. Non rischiare, il mondo fuori è un posto pericoloso dicevano, e noi, troppo piccoli, troppo provinciali, ci siamo lasciati convincere che la ribellione fosse un lusso per altri.


Il mondo cambiava, sì, sapevamo sarebbe cambiato, ma la nostra storia rimaneva immobile, incastrata in un copione scritto da chi ci aveva preceduto, la nostra istruzione rimaneva ancorata a quello che ormai era stato, troppo piccoli per evadere da schemi arcaici impiantati nella nostra genealogia, altrove si faceva la storia, ma la nostra no, non cambiava.


La creatività, quel fuoco che altrove accendeva rivoluzioni culturali, qui era una lucerna spenta dalle regole banali, da leggi che scrivevano chi voleva orientare la nostra vita, ogni sogno più grande veniva piegato, limato, fino a entrare nello stampo di una vita che non ci apparteneva, eravamo destinati a fare i loro lavori a continuare le loro vite obsolete, ogni spirito ribelle placato a suon di certezze della vita: il posto fisso, una famiglia, una morte sicura.


NO GENERATION IS NEW


“C'era un tempo in cui eravamo giovani e inquieti, figli di un'epoca che

ci aveva promesso molto e ci aveva lasciato poco. Siamo cresciuti tra le

macerie di sogni infranti e le illusioni digitali di una modernità che si

aggiornava troppo in fretta per essere afferrata.”



Eppure, sotto la cenere di quella rassegnazione, qualcosa bruciava. Lo sentivamo nei pomeriggi passati a guardare il cielo oltre i tetti, nelle canzoni urlate a squarciagola nelle autoradio scassate, nei libri che leggevamo di nascosto, rubati a biblioteche polverose.

Sapevamo che il mondo era più grande di quelle strade, ma non sapevamo come raggiungerlo. Eravamo figli di un paese sospeso, quello degli scandali politici e delle fabbriche che chiudevano, un paese che ci consegnava a un futuro già usurato, come un vestito di seconda mano.


Oggi, guardandoci indietro, ci chiediamo se avremmo potuto fare di più. Se avremmo potuto spezzare quel giogo di certezze stantie e correre verso l’ignoto. Siamo stati coloro che hanno gridato nel vuoto, che hanno cercato di dare un nome alla crisi prima che diventasse la norma. Siamo stati la generazione che ha rifiutato di crescere nel modo in cui ci veniva imposto, eppure siamo finiti per sentirci fuori tempo, inadatti a ogni epoca. Forse è proprio questo il nostro destino: essere il ponte tra un passato che ci ha schiacciato e un futuro che non ci ha aspettato. Non abbiamo fatto la storia. Ma in quel silenzio, in quella stasi, abbiamo imparato a portare il peso di chi siamo stati. E forse, in fondo, anche questo è un modo di esistere.


“Abbiamo imparato a muoverci nell'instabilità, a essere disillusi senza

perdere il desiderio di credere. Siamo stati la generazione della crisi,

dell'incertezza, del precariato esistenziale. Ma cosa lasciamo a chi viene

dopo di noi?”



Ora il testimone passa, senza eroi, senza grandi narrazioni, ma con la consapevolezza che ogni generazione ha il suo turno nell'eterno ritorno dell'inquietudine. Noi ci dissolviamo come un'eco, lasciando ai nuovi idioti il compito di riscrivere la storia, di essere la voce fuori dal coro in un mondo che cerca disperatamente di uniformare ogni differenza, figure marginali e profetiche, capaci di guardarlo con occhi diversi, di smascherarne le contraddizioni.


Questo testimone che passa di mano, un'eredità di domande, di inquietudini, di battaglie incompiute. La nuova generazione cresce in un mondo ancora più accelerato, dove l'identità si dissolve nel flusso perpetuo di informazioni, dove la ribellione stessa viene assorbita e venduta come un trend passeggero. In un’epoca in cui ogni gesto è tracciato, ogni pensiero anticipato da un algoritmo, ogni emozione tradotta da una reazione, proprio in questa deriva, nel cuore del rumore, nasceranno nuove forme di silenzio, nuovi ribelli che non urlano, ma tacciono; che non cercano il palco, ma si annidano ai margini, osservando tutto con occhi limpidi. Figure solitarie, visionarie, capaci di disobbedire, per istinto e fervore e grazia. Gli outsider di domani non saranno icone, ma ombre; non influencer, ma interferenze. Oggi più che mai, in questa epoca di cambiamenti, abbiamo bisogno di nuovi ribelli.


NO GENERATION IS NEW


“Colui che non si adatta, è destinato a sopravvivere in ogni tempo, a

incarnare l'ultimo baluardo di una verità scomoda.”




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